“La mia vocazione è l’insegnamento: la conoscenza va trasmessa, ed è bello far scattare una scintilla nei propri alunni”

di Alessandro Pau

 

Simpatica ed ironica al punto giusto, l’eclettica prof di Scienze Naturali Eleonora Petrucci ci concede quest’intervista, mostrando la professionalità che la contraddistingue e che l’ha portata a raggiungere traguardi importanti. Emerge il suo carattere forte, la sua grinta, un vulcano che erutta ed un mare in piena insieme. Ci parla della sua formazione, delle tante esperienze vissute e delle sue passioni, sempre serena e determinata: insomma, una gustosa chiacchierata tutta da leggere.

Cosa vuol dire per lei la parola “scienza” e come ha influito nella sua vita?

Innanzitutto un modo di pensare più razionale, poi sicuramente un’apertura mentale determinata dal fatto che nella scienza non c’è niente di certo e stabilito, tutto è in divenire e questo ti spinge a confrontarti sempre con nuove idee. La scienza è come la filosofia, ti porta a pensare ad  indagare e a guardarti intorno, con occhi sempre nuovi e curiosi.

 Questa è una passione che si porta dentro da quando è piccola o c’è stato un momento particolare che l’ha spinta a seguire questa strada?

Sicuramente curiosa lo sono sempre stata, infatti spesso facevo domande. Per esempio da piccola tagliai la cartina geografica e chiesi alla maestra perché  alcuni paesi combaciavano: lei non seppe rispondermi  e dopo poco tempo fu teorizzata la “deriva dei continenti” (ride, ndr.).

La scintilla è scattata quando frequentavo il secondo anno del liceo. Un giorno il nostro professore di scienze, che era un geologo, ci portò al laboratorio e ci fece osservare della sabbia, presa da casa sua, al microscopio. In questa sabbia si vedevano delle conchiglie piccolissime, nonostante fosse stata presa in una zona collinare: quindi ci spiegò il motivo ed io rimasi meravigliata. Era un fatto assolutamente nuovo, al quale non avevo mai pensato. Con il tempo questa passione si era un po’ spenta, ma al momento della scelta della facoltà universitaria decisi di prendere geologia. Qui mi trovai benissimo, e conobbi il professor Parotto, una persona eccezionale: ci dava una lettura del paesaggio molto diversa da quella cui eravamo abituati, ed ancora oggi quando vado in giro osservo sempre con molta attenzione. Sicuramente questo ha influito sulla mia scelta, ma con la passione ci sono nata.

Dopo gli studi ha svolto diverse professioni in questo ambito: come nasce la Petrucci insegnante?

Divulgatrice! (ride). Ho fatto ricerca per molti anni e questo è fondamentale perché ti dà un’impostazione mentale, ma una conoscenza di questo tipo rimane nel laboratorio ,ed è quindi limitata alla divulgazione scientifica. Poi quasi per scherzo ho iniziato a seguire i ragazzi più piccoli all’università, e il rapporto con loro è stato fin da subito stimolante. Era diverso dalla ricerca e qui ho scoperto la mia vocazione, quella dell’insegnamento. La conoscenza è qualcosa che va trasmessa, non può rimanere nella tua stanzetta altrimenti non serve a nessuno, tantomeno a te, ed è bello poter trasmettere una scintilla ai tuoi alunni, proprio come è successo a me. È come un seme, tu lo butti, magari ne nasce uno su dieci, ma quello sarà felice perché farà ciò che gli piace. Nella vita ognuno deve fare ciò per cui è portato, e non fare qualcosa solo perché è costretto.

Lei ha viaggiato molto per lavoro: qual è il paese che le è rimasto nel cuore? E quello in cui non tornerebbe mai?

È difficile… io sono stata un anno in Africa, in Gabon, e questo mi è rimasto nel cuore per motivi diversi da quelli filantropici. È un paese molto ricco, particolare e sfruttato come del resto tutta l’Africa. Ho lavorato per le Nazioni Unite ed ero l’insegnante del dipartimento di chimica, ma ho visto che spesso le persone partecipavano a questi progetti non tanto per lo spirito di cooperazione, bensì per un tornaconto personale. Ho conosciuto molte persone e ho capito alcuni meccanismi che non mi sono piaciuti molto, ma il paese in sé è bellissimo. È un posto in cui cammini nella foresta e vedi gli elefanti, le pantere, i serpenti. Mi è capitato di camminare per ore ed arrivare a cascate che nessuno aveva mai visto prima, tranne i pigmei del posto.

Il paese che mi è piaciuto di meno? Paradossalmente la Svizzera. Ho abitato due anni nella Svizzera tedesca: è tutto perfettamente organizzato, ma gli svizzeri sono svizzeri. I rapporti umani sono limitati e superficiali, sono diffidenti verso gli stranieri.

La soddisfazione più grande della sua vita?

Devo essere onesta, io ho delle soddisfazioni tutti i giorni: ogni volta che  i ragazzi mi dicono che hanno fatto qualcosa e sono contenti, sono soddisfatta.

Soddisfazioni professionali ne ho avute tante ma ce n’è una che mi è piaciuta particolarmente: un giorno presentai un mio lavoro ad un congresso, era la mia tesi per il dottorato che nel frattempo era diventata un articolo su una rivista internazionale. Era una tesi molto innovativa sulla quale avevo lavorato molto: rovesciava completamente il modello di alimentazione di un campo geotermico, Larderello, unico campo geotermico d’Europa, gli altri si trovano in Nuova Zelanda. Si era sempre pensato che questo campo fosse alimentato dalla pioggia meteorica, ma in realtà non è così. Io Ho fatto studi ed analisi per tre anni, alcuni anche in Francia, i quali affermavano una cosa opposta e ad oggi il vecchio modello è completamente rovesciato. È un lavoro citatissimo, quindi è sicuramente la mia soddisfazione più grande.

Qual è la reazione scientifica, il processo chimico o il fenomeno naturale che più l’affascina?

La deriva dei continenti! È affascinante, forse perché da piccola già ci pensavo. Trovo assolutamente incredibile la rilettura all’indietro del paesaggio. Quando vado in montagna e mi guardo intorno mi stupisco sempre, mi meraviglio costantemente. C’è il famoso detto greco “panta rei”, (tutto scorre):  fra 10 minuti tutto sarà diverso e tu nemmeno te ne accorgi. E questo sicuramente ti ridimensiona come persona, perché ti credi chissà chi e invece sei solo una “cacca di mosca”; e poi comunque fra 10 milioni di anni sarà tutto completamente diverso e dopo ricambierà ancora. Lo trovo veramente fantastico.

Oltre alla scuola e agli studi scientifici quali passioni coltiva?

Le api (ride). Da un paio d’anni sono apicoltrice, ho le cassette con le api. Invece di dire “salviamo i tonni”, io direi “salviamo le api!”. Le api sono un indicatore di pulizia dell’ambiente, il loro lavoro di impollinazione è importantissimo, senza le api saremmo morti, sono fondamentali. Le api hanno una società molto ben organizzata, altro che Svizzera!

Oltre le api ho tanti interessi, ho a cuore la gestione dell’ambiente, mi piace produrre i saponi, riciclare l’olio dei fritti: cosmetica consapevole. Insomma, tutto ciò che riguarda l’ambiente. Purtroppo la giornata è di sole 24 ore per poter fare tutto ciò che mi piacerebbe fare!

Quali sono il libro, il film e la sua canzone preferiti?

Bella domanda… Non c’è un vero libro preferito, ma uno che ho letto molte volte sì, “Cent’anni di solitudine” di Garcia Marquez: lo avrò letto almeno dieci volte. È un libro bellissimo, consiglio a tutti di leggerlo. A me piacciono tutti gli autori sudamericani perché ti fanno proprio sentire gli odori. Questo libro è l’epopea della sua famiglia in versione fantasiosa: è bellissimo.

Il mio film preferito? Mi piace “Avatar”, ma quello che mi è piaciuto di più è “Hurricane”, la storia di un pugile, interpretato da Denzel Washington, arrestato ingiustamente con l’accusa di aver ucciso delle persone, solo perché di colore. È un film terribile, particolare e molto intenso, poiché il protagonista passa tanti anni in prigione da innocente e poi viene liberato casualmente grazie all’aiuto di un ragazzo. Alla fine viene premiato con il titolo onorifico di campione del mondo. Per quanto riguarda la musica a me piacciono i Dire Straits e la mia canzone preferita è “Sailing to Philadelphia”,  la storia di due ragazzi in cerca di riscatto che vanno in quei posti misteriosi in cui ci sono solo gli esploratori. È una bella canzone con un’ambientazione particolare.

Il suo sogno nel cassetto.

Mah, non ne ho. Ce ne ho uno, ma è impossibile: che la gente impari ad essere onesta con gli altri, e che nei rapporti umani tutti abbiano – una schiettezza nel dire le cose, come del resto faccio io. Ma questo è impossibile! Purtroppo i sogni stanno nel cassetto, proprio per restarci chiusi dentro.

Chiosa finale sull’esame di Stato: scienze materia esterna, cosa ne pensa?

Mi dispiace per i miei alunni perché non si sa in che mani capitano, ma penso la stessa cosa dI chi mi lascia in mano i suoi. Cerco sempre di essere obiettiva quando faccio l’esterna, cerco di stare a sentire l’alunno senza fermarlo. A volte si incontrano situazioni particolari, e all’inizio della mia carriera ero molto intransigente sulle lacune. Col tempo ho imparato ad essere più indulgente, perché mi rendo conto che io per loro sono un’estranea, e poi le cose fatte da due insegnanti diversi non risultano, ovviamente, uguali. Mi metto nei panni degli alunni, cerco sempre di capire la loro situazione.