Piccante sì, ma non solo: il peperoncino ha tante virtù salutari, che andiamo qui a scoprire dal punto di vista biochimico
di Francesco Mastrodascio
Sarà capitato a tutti di mangiare un piatto condito con troppo peperoncino e di sentire la nostra bocca bruciare. Bere dell’acqua è del tutto inutile, ma se beviamo un bicchiere di latte il bruciore sparisce immediatamente. Ma perché avviene questo? La piccantezza del peperoncino deriva dalla capsaicina, sostanza che si lega ai recettori vanilloidi così da far nascere questa ben nota sensazione di bruciore.
La capsaicina è uno degli alcaloidi responsabili della maggior parte della “piccantezza” dei peperoncini ed è un derivato del metabolismo di un acido grasso. Questo alcaloide è irritante nei mammiferi, uomo compreso, e produce una sensazione di bruciore nelle mucose, bocca inclusa, dove passa in soluzione e stimola i recettori VR1 (vanilloid receptor type 1) che a loro volta attivano la proteina VRL-1 (vanilloid receptor-like 1).
Questi recettori si attivano, rispettivamente, in condizioni “normali”, alle temperature di circa 43 °C e 52 °C. L’effetto di dolore e bruciore è quindi del tutto virtuale, ossia di stimolazione dei recettori del dolore.
La capsaicina è in grado di aumentare la secrezione di muco e di succhi gastrici. E questo ha dimostrato che è utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione, ma ha anche potere antitumorale, poiché agisce a livello dei neurorecettori mediante i recettori vanilloidi specifici VR-1, come desensibilizzanti dei recettori stessi agli stimoli dolorosi.
È stato anche ipotizzato che la sensazione di dolore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a liberare endorfine, cosi da rendere il peperoncino un oppiaceo naturale in grado di agire da analgesico e produrre una sensazione di benessere.
La capsaicina ha una struttura costituita da un ciclo composto da atomi di carbonio (anello benzenico) al quale è legata una lunga catena caratterizzata quasi esclusivamente da atomi di carbonio e idrogeno. Questa peculiarità fa sì che essa possa essere considerata una sostanza non polare. Per questo la caseina del latte (una proteina che funge da detergente contro la capsaicina) fa allontanare i componenti della capsaicina stessa dai termorecettori presenti nella bocca e allevia la sensazione di bruciore.
La capsaicina si dissolve anche nell’alcol, ma questo è meno efficace del latte e funge da solvente della capsaicina: non la neutralizza perciò e rischia anzi di diffonderla maggiormente. L’acqua invece, essendo una sostanza polare, non si lega alla capsaicina e questo fa sì che sia inutile bere dell’acqua per alleviare il dolore.
Ecco spiegato perché la prossima volta che mangeremo cibo piccante sia meglio avere vicino una bottiglia di latte piuttosto che quella di una bevanda gassata: sempre che abbiate il coraggio di berne un bel bicchiere!