I media italiani hanno stigmatizzato l’uso intensivo dei videogames quale anticamera alla violenza più efferata, ma recenti studi universitari sembrano dimostrare il contrario
di Alessandro Russi
I videogiochi rendono violenti. Ecco l’affermazione su cui moltissimi media italiani hanno fatto leva, collegandosi al terribile omicidio avvenuto i primi giorni di gennaio scorso a Ferrara.
Ma sarà vero? Davvero due sedicenni hanno ucciso i genitori di uno di loro a causa dei videogiochi? Beh, questo è ciò che vogliono farci credere i giornalisti italiani, che mettono spudoratamente in secondo piano il fatto che Manuel e Riccardo ricorressero spesso a uso di droghe e avessero gravi problemi a scuola. E allora, siamo chiari, dire che i videogiochi rendono assassini fa molto più scalpore.
Ma non siamo di certo noi a dire che questa tesi è totalmente campata per aria: basta fare qualche accurata ricerca su Internet per imbattersi in dati davvero interessanti.
Già nel secolo scorso, lo psicologo e professore universitario Christopher Ferguson aveva esaminato il rapporto tra media violenti (come film e videogiochi) e l’incremento di crimini negli Stati Uniti, arrivando a constatare che non ci fosse alcun legame tra le due cose.
Molti altri studi sono stati compiuti in merito, uno dei più recenti è quello della Villanova University (USA). I ricercatori hanno analizzato l’aumento di crimini violenti nel periodo di uscita di tre giochi in cui la violenza è la componente principale: Black Ops, GTA San Andreas e GTA IV. E, con grande stupore, hanno constatato che addirittura si è assistito ad una diminuzione di atteggiamenti violenti in quei mesi.
In conclusione, questo ci porta a riflettere su quanto i mass media possano distorcere un concetto, arrivando addirittura a stravolgerlo e a farci credere cose non veritiere