Nel mondo romano la figura del medico era molto diffusa, anche se non sempre esente da difetti: la pratica della medicina fece degli enormi progressi per poi decadere nel corso del Medioevo
di Francesco Mastrodascio
Secondo quanto attesta Plinio, il primo medico giunse a Roma intorno al 219 a.C., proveniente dal Peloponneso. Si trattava di un tale Archagatos e fu così ben accolto da fornirgli di un ambulatorio a spese dello Stato. I medici nell’antica Roma si vantavano dei metodi brutali che usavano sui loro pazienti tanto che venivano chiamati carnifices (carnefici), al punto che addirittura Catone il censore cominciò a pensare che si trattasse di una congiura architettata dai Greci per uccidere i barbari Romani.
Nell’Urbe non esisteva una vera e propria formazione di medicina e tutti potevano dichiararsi medici senza aver nessuna preparazione: queste persone imparavano sulla pelle dei pazienti, e spesso i medici più ignoranti finivano in tribunale. Non bisogna pensare però che i medici romani fossero tutti così: esistevano infatti medici che, oltre a seguire il giuramento di Ippocrate, studiavano con cura i suoi scritti e quelli di altri medici.
L’odierno ambulatorio medico esisteva anche nell’antica Roma e si chiamava taberna medica, era situata nel Foro e non era diversa da altre botteghe ed è stata individuata negli scavi archeologici per via degli strumenti presenti all’interno. L’arredamento era piuttosto semplice, composto da cassapanche, cassette, olio, vino, bende, due sedie o due sgabelli e spesso anche un lettino. Nella completa mancanza di ospedali civili, vicino all’ambulatorio c’era un lazzaretto per la degenza e l’osservazione dei pazienti operati.
Il medico nell’antica Roma era di solito un dottore generico e tuttofare, ma a partire dal I secolo d.C. nelle città cominciarono ad affermarsi tre specializzazioni: la chirurgia (chirurgus), l’oculistica (ocularius) e l’otorinolaringoiatria (auricularius). E alcuni medici, come un certo Decimo Eros Merula di Assisi, aveva ben due specializzazioni, in oculistica e chirurgia.
In particolare l’oculista era uno specialista molto attivo e questo fa supporre che al tempo ci fosse un incremento delle malattie degli occhi: abbiamo circa 300 ritrovamenti del pestello dell’oculista, una piccola piastra di pietra lunga 5 centimetri usata come mortaio per preparare unguenti adottati come collirio. E non solo per gli occhi: famosa la pomata contro le vecchie cicatrici di Onesto Lautinio.
Con la riforma dell’esercito di Augusto vengono istituiti dei veri e propri ospedali da campo e medici specializzati che affiancavano l’esercito. L’infermeria era guidata dal “medicus castrensis“, che era esentato da ogni altro servizio ed era assistito da capsarii (infermieri guardarobieri), frictores (massaggiatori), unguentari , curatores operis (addetti al servizio farmaceutico), optiones valetudinarii (addetti al vitto e all’amministrazione); inoltre la cavalleria era dotata di un gruppo di specialisti, i medici alarum così come la marina aveva i medici triremis. Questi medici seguivano la carriera militare e potevano arrivare fino al grado di legionario, senza però avere un comando effettivo sui soldati.
Con la caduta dell’Impero romano anche la medicina romana entra in decadenza. Con il sorgere del Cristianesimo, si guarda alla guarigione più come frutto di intervento divino che umano. La medicina religioso-cristiana combatte le formule magiche e, al loro posto, promuove le preghiere, l’imposizione delle mani e le unzioni con olio santo, mentre gli studi e le ricerche scientifiche vengono via via considerati inutili.
L’influsso delle correnti mistiche orientali incontrerà poi questa medicina religiosa, fondendpsi in una medicina popolare che ricorre al culto di santi guaritori (antico e non dimenticato concetto); poi, con il tempo e con l’influsso bizantino, si trasformerà in medicina conventuale che – specie con l’uso delle erbe medicinali e la riscoperta degli antichi testi medici – segnerà l’inizio di una nuova scienza medica