Simbolo di risolutezza, onore e lealtà, i samurai, dotati di un vasto e letale arsenale, furono le figure rappresentative della casta aristocratica militare durante il periodo del Giappone feudale
di Salvatore Cartelli
Il termine samurai deriva dal verbo “saburau”, letteralmente “colui che serve”; essi si ponevano infatti al servizio dello shōgun o di un daimyō (signore). In aggiunta essi costituivano una classe colta dedicata alla pratica della corretta grafia (shodō), alle tecniche meditative zen, alla cerimonia del tè (cha no yu), alle rappresentazioni teatrali e musicali (che comprendevano danze e canti tradizionali). Fondamentale inoltre era la pratica delle arti marziali come l’Aikido, il Kyudo e il Kendo: il duro e costante addestramento rendeva i samurai temibili combattenti capaci di utilizzare al meglio il vasto equipaggiamento di cui disponevano.
Nonostante l’immaginario collettivo identifichi il samurai come uno spadaccino appiedato, originariamente essi costituivano una classe sceltissima di tiratori a cavallo praticanti lo Yabusame
Arma principale utilizzata dunque dagli antichi samurai era l’arco, in giapponese lo Yumi (弓) profondamente legato ai riti shintoisti questa devastante arma da lancio era composta da più lamine di legno sovrapposte fino a raggiungere i 245 cm di lunghezza ciò le consentiva di scagliare frecce in bambù (Ya 矢) fino a 200 m di distanza. L’arma non era esclusivamente utilizzata con lo Yabusame (tecnica a cavallo) ma anche dalla fanteria con l’arte marziale del Kyudo (弓道)
La tradizione dell’arco non fu modificata per secoli, fino all’introduzione della polvere da sparo per opera dei portoghesi nel XVI secolo con l’invenzione del Tanegashima-teppō (種子島) variante nipponica dell’archibugio europeo destinata ai samurai appiedati per il quale venne sviluppata l’arte marziale Hōjutsu. E la variante ad avancarica destinata alla cavalleria samurai Bajōzutsu (馬上筒)
Le armi da fuoco si diffusero con incredibile velocità in Giappone dopo che nel 1543 un imbarcazione cinese con a bordo degli avventurieri portoghesi fu costretta ad ormeggiare presso Tanegashima, lì il daimyo locale Tanegashima Tokitaka fece copiare da un fabbro di nome Yaita gli archibugi trasportati dalla barca. In seguito essi subirono diversi sviluppi come l’aumento del calibro dell’arma o l’impermeabilizzazione del meccanismo di sparo. Gli archibugi azionati ad avancarica erano caricati con palle di ferro avevano un tiro utile di 50 m circa e una cadenza di tiro di 1-2 colpi al minuto. (un samurai addestrato allo yumi era in grado di scoccare 12 frecce nel tempo medio di fuoco di un Tanegashima-teppō)
Per quanto riguarda le armi bianche invece, simbolo dell’onore del samurai e dimora della sua anima era la micidiale Katana. (刀) Arma dalla lama curva a filo singolo la katana era ottenuta attraverso un lungo processo a partire da ferro acciaioso ad alto contenuto di carbonio ripiegato per formare oltre 30.000 strati, ciò dava vita ad una lama estremamente resistente e al contempo flessibile.
Data la grande quantità di parti che la compongono, il processo richiedeva nono solo esperti fabbri ma diverse tipologie di artigiani specializzati in grado di realizzare il manico, il fodero, e le molte decorazioni in metalli e in tessuto.
Indossata con il filo rivolto verso l’alto dalla classe guerriera e lunga circa 60 cm essa veniva usata principalmente per colpire con fendenti, e spesso impugnata a due mani.
La katana divenne ben presto un’arma mitica, protagonista di innumerevoli leggende ma anche ispiratrice di filosofie come nel celebre testo del samurai Musashi Miyamoto, “Il libro dei cinque anelli” e in generale in tutte le opere legate al Bushido (la via del guerriero). Questi testi non contenevano solo precetti filosofici e morali ma illustravano anche vere e proprie tecniche di combattimento che diedero vita così ad arti marziali come il Kenjutsu e lo Iaido.
Variando la curvatura della lama e la sua lunghezza si ottennero varie armi che sfruttavano tecniche di combattimento diverse, come il Nodachi spada a due mani lunga dai 140 ai 180 cm o Il Tachi che manteneva circa la stessa lunghezza della katana ma era più curva e veniva indossata con il filo rivolto verso il basso. Significativo era l’abbinamento della katana con la sua versione più corta: il Wakizashi detta “guardiana dell’onore” e lunga dai 30 ai 50 cm, la combinazione delle due era detta daishō (大小) e rappresentava il potere e l’onore dei samurai.
Di estrema importanza per il guerriero era anche il coltello Tantō (短刀 ) lungo 30 cm questo veniva indossato dietro la schiena. Raramente utilizzato in battaglia esso costituiva un’arma di rappresentanza o rituale per praticare il Seppuku, la tecnica di suicidio che consisteva nel praticare un profondo taglio al ventre (sede dell’anima) al fine di espiare le proprie colpe e conservare l’onore.
Infine di vasto utilizzo furono anche le cosiddette armi inastate come lo Yari, un tipo di lancia giapponese che ebbe la sua massima diffusione durante il periodo Sengoku, costituite da una lunga asta in legno terminante con una lama appuntita a doppio filo. Sul suo utilizzo nacque l’arte marziale del Sōjutsu, cadendo lentamente in disuso durante il periodo Edo.
Il Naginata invece era più corta dello Yari, con una lunghezza dai 210-300 cm essa presentava inoltre una lama terminale curva e monofilare lunga in genere dai 60 ai 90 cm. Quest’arma deriva direttamente dall’arma cinese Guan Dao ed ebbe la sua massima diffusione nel periodo kamakura dando vita all’arte marziale del Naginata-do, tuttavia con l’introduzione del Tanegashima-teppō cadde in disuso presso i samurai per essere ceduto alle buke (mogli dei samurai) per la sicurezza della propria dimora.
A metà tra il tachi e il naginata abbiamo il peculiare Nagamaki, lungo dai 120 ai 210 cm quest’arma presenta una lama lunga dai 60 ai 120 cm analoga a quella della katana (curvata e monofilare) ed un’asta di lunghezza simile a quella della lama.
Infine degne di nota sono le armi Sasumata, Tsukubo ed il Sodegarami utilizzate dalle forze di polizia samurai queste armi hanno una lunghezza di circa 2m e sono rivestite di aculei in ferro. Le teste variano da arma in arma ed erano utilizzate per immobilizzare potenziali criminali attraverso l’arte marziale del Hojōjutsu.
In definitiva tutte queste armi sono frutto di veri e propri processi artistici mirati ad attribuire eleganza e letalità alla celebre casta guerriera giapponese: i Samurai.