Ecco il saggio che è valso al nostro alunno il Premio Schiaparelli per l’astronomia: un testo che parla di conquiste scientifiche, ma anche dell’eterno sforzo dell’uomo a superare i propri limiti, alla ricerca di quel sapere che è sinonimo di felicità
di Flavio Salvati
Per secoli l’uomo non si è limitato a guardare il cielo ma, affascinato dal sublime della volta celeste, mosso dalla meraviglia e dalla necessità, ha cercato, passando inizialmente per miti e leggende universali, di trovare costanti immutabili nel mondo che osservava, giungendo, con il suo ingegno, a spiegazioni sul funzionamento della natura
La luce, che da sempre ha giocato un ruolo fondamentale in tutte le attività umane, è l’unico mezzo di comunicazione tra la volta celeste e l’uomo; dunque, una comprensione esaustiva del cielo, ne esige l’approfondimento. Sebbene lo studio della radiazione elettromagnetica nacque come una scienza puramente empirica e inizialmente se ne dette poco conto, nel corso del tempo ha acquisito sempre più consenso, fino a diventare una delle branche più importanti dell’astrofisica.
Togli la luce alle stelle e brancoleremmo nel buio
Storia della spettroscopia
Il primo ad usare la parola “spettro” per descrivere l’insieme dei colori che formano la luce bianca, fu Isaac Newton nel suo trattato “Opticks”, in cui raccolse numerosi esperimenti corredati da spiegazioni teoriche alla base della dispersione della luce
Nel XIX secolo, William Hyde Wollaston migliorò l’apparato sperimentale di Newton utilizzando una lente per focalizzare la luce su uno schermo e si accorse della presenza di linee nere che separavano i colori dello spettro continuo del Sole
Il prisma, il cui indice di rifrazione dipende dal tipo di vetro utilizzato, rendeva tuttavia difficile paragonare le analisi spettroscopiche derivanti da più esperimenti, non permettendo quindi di procedere ad un’analisi quantitativa di queste linee nere
ll fisico Joseph Fraunhofer, riprendendo gli studi di Thomas Young, sostituì il prisma di Newton con un reticolo di diffrazione, la cui capacità di disperdere la luce dipende solo dalla distanza tra due fenditure successive, e in tal modo riuscì a misurare e classificare con precisione la lunghezza d’onda delle linee osservate da Wollaston
Partendo dall’osservazione che ogni elemento possiede uno spettro caratteristico, Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen attribuirono sistematicamente gli spettri ai relativi elementi chimici, mostrando così che la spettroscopia poteva essere usata sia per identificare elementi chimici, che per scoprirne di nuovi
Allo stesso tempo, molti scienziati studiarono gli spettri emessi da sorgenti terrestri, come fiamme e scintille. Nel 1848, Foucault osservò che una fiamma contenente sodio assorbiva la luce gialla emessa da un forte scintilla: questa era la prima dimostrazione in laboratorio dello spettro di assorbimento
Nel 1851, F. Scott Archer introdusse il processo del collodio umido, metodo alternativo alla Dagherrotipia per lo sviluppo delle immagini fotografiche, permettendo per la prima volta di registrare la luce delle stelle e degli altri oggetti celesti
In questo contesto, fu fondamentale il contributo di Pietro Angelo Secchi, il primo a mettere a frutto, nei suoi studi al telescopio, le recenti scoperte nel campo della fotografia e della spettroscopia, fornendo le basi per le future ricerche scientifiche. A partire dal 1863, iniziò a raccogliere più di 4000 spettri stellari e, analizzando questi dati, scoprì che le stelle risultavano essere divisibili in un numero finito di tipologie
Il suo lavoro fu poi ripreso da Edward C. Pickering e Annie J. Cannon presso l’Harvard College Observatory, i quali svilupparono il sistema di classificazione nelle 10 classi spettrali tutt’ora in uso
Sebbene la giustificazione teorica della spettroscopia arrivò solo nel XX secolo con l’avvento della meccanica quantistica e molti intellettuali, quali il prominente filosofo Auguste Comte, credevano che l’uomo non sarebbe mai stato in grado di studiare i corpi celesti, la spettroscopia fu presto riconosciuta come una vera e propria disciplina scientifica, pronta ad essere utilizzata per feconde scoperte scientifiche in tutti i campi
Strumenti nella spettroscopia
Strumento fondamentale nella spettroscopia è senza dubbio il reticolo di diffrazione. Dal 1880, data in cui Henry A. Rowland intraprese per la prima volta la produzione automatizzata di reticoli a diffrazione, ad oggi, il processo di produzione sfrutta tecnologie sempre più avanzate
Nei reticoli a incisione (Ruled), la produzione si attua con una macchina ad elevata precisione, mantenuta nella corretta posizione attraverso tecniche interferometriche, che incide su uno strato sottile di metallo depositato su una superficie piana o concava
I reticoli a incisione Echelle, utilizzati con successo nella scoperta di innumerevoli esopianeti, sono caratterizzati da una bassa densità di scanalature, dunque ottimizzati per lavorare ad alti angoli di incidenza, consentendo di ottenere una maggiore differenziazione delle caratteristiche spettrali ad alti ordini di diffrazione
Nei reticoli olografici, invece, il principio di costruzione si basa sul fenomeno d’interferenza. Da un punto di vista teorico, quando due onde piane di luce coerente monocromatica di uguale intensità e lunghezza d’onda si intersecano, il risultato è un profilo di onda stazionaria nella regione d’intersezione, la cui distribuzione d’intensità è caratterizzata da una serie di frange equidistanti
La successiva incisione chimica sulla speciale resina fotosensibile in questione, forma il reticolo. I reticoli olografici sono spesso usati nei monocromatori in quanto, nonostante la forma sinusoidale dei picchi che riducono la luminosità dello spettro risultante, sono più regolari (minore stray light), sono facili da fabbricare e, di conseguenza, più economici
Dinamiche fisiche relative alla Spettroscopia
La spettroscopia si avvale di uno studio accurato degli spettri per risalire alle innumerevoli proprietà di un oggetto celeste, come la composizione chimica, la temperatura, la massa, la velocità di rotazione e il campo magnetico
Ogni spettro emesso da un corpo celeste è il risultato della sovrapposizione di tre spettri fondamentali: lo spettro continuo, lo spettro di emissione e lo spettro di assorbimento. Ad esempio, all’interno di una stella, la materia, sotto forma di plasma, è caratterizzata da un grande numero di elettroni liberi che, passando vicino ad un atomo ionizzato, possono variare la loro traiettoria e decelerare, emettendo energia sotto forma di un fotone (Bremsstrahlung)
Dato che gli elettroni possono muoversi a qualsiasi velocità, anche se con probabilità differenti, possono essere emessi fotoni di ogni energia e quindi di ogni lunghezza d’onda, dando origine ad uno spettro continuo. Aumentando la temperatura del corpo, aumenta anche l’energia cinetica media degli elettroni nel plasma e aumenta di conseguenza l’energia emessa per ogni lunghezza d’onda
Questo fatto è descritto dalla legge empirica ricavata da Stefan-Boltzmann, successivamente dimostrata sulla base della meccanica quantistica da Max Planck, secondo cui l’energia emessa da una corpo è direttamente proporzionale alla quarta potenza della temperatura. Inoltre, per la legge di Wien, la lunghezza d’onda alla quale si ha la massima emissione d’energia, che quindi determina il colore percepito della stella, è direttamente proporzionale alla temperatura del corpo. Dunque, esaminando la curva di emissione di un oggetto, possiamo determinarne la temperatura
Mentre lo spettro continuo è prodotto dalle interazioni tra elettroni liberi (transizione freefree) che avvengono all’interno di una stella, gli spettri di emissione e di assorbimento sono prodotti dal gas stellare presente al di fuori della regione della fotosfera, dove le transizioni free-free perdono di importanza, per la bassa densità dell’atmosfera stellare, ma in cui l’assorbimento di fotoni da parte di elettroni legati ad atomi (transizione boundbound), anche se limitato a determinate lunghezze d’onda, da il maggior contributo energetico
In accordo con la legge di Stefan-Boltzmann, per regioni della stella con temperatura inferiore rispetto alla fotosfera, la curva di emissione della fotosfera è più alta della curva di emissione della regione esterna; perciò fuori dalla fotosfera, la luce è assorbita e poi nuovamente emessa con un’intensità inferiore a quella iniziale
Questa sostituzione parziale della curva della fotosfera con quella della regione di interesse crea una linea di assorbimento. Se, al contrario, la temperatura di uno strato del sole sopra la fotosfera è superiore alla temperatura della fotosfera, allora questo genererà uno spettro di emissione
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, le bande di emissione non sono linee sottili, ma presentano uno spessore variabile in quanto l’energia dei fotoni emessi con il processo bound-bound non ha un valore esatto. Infatti, per il principio di indeterminazione di Heisenberg, dato il tempo finito in cui avviene la transizione energetica, l’energia del fotone deve avere un certo grado di incertezza, che risulta nello spessore finito delle bande di emissione
Il fattore solitamente più importante nell’allargamento di una banda spettrale tuttavia è il moto degli atomi rispetto all’osservatore che dà luogo, per l’effetto Doppler, ad un cambiamento della frequenza del fotone e quindi della lunghezza d’onda. Esaminando la sovrapposizione di questi due fattori, in una curva detta Voigt Profile, siamo in grado di stimare con accuratezza la temperatura della stella e la sua velocità di rotazione
Gli spettri delle stelle ci forniscono anche informazioni sul campo magnetico per l’effetto Zeeman.
Quando è presente un campo magnetico, le caratteristiche linee di assorbimento di un gas sono suddivise in più linee ravvicinate e l’energia viene polarizzata, assumendo un’orientamento che dipende dal campo magnetico
In questo modo dallo spettro di una stella, ricavato per mezzo di uno spettrometro con polarimetro, possiamo determinare la forza e la direzione del campo magnetico
La spettroscopia in Astrofisica
Al tempo di Hubble, si credeva che l’universo fosse limitato alla sola Via Lattea. I primi studi a smuovere questa convinzione furono intrapresi nel 1912 da Vesto Slipher che, esaminando lo spettro di Andromeda, allora creduta una nebulosa interna alla nostra galassia, misurò una velocità di avvicinamento insolitamente alta (300 km/s). Inoltre, Edwin Hubble individuò delle variabili Cefeidi nelle fotografie di Andromeda e, dai loro spettri, sulla base degli studi dettagliati compiuti da Henrietta Swan Leavitt nella nube di Magellano, fu in grado di determinare con maggiore precisione la distanza della Galassia, confermando definitivamente le teorie risalenti fino al 1755, con Immanuel Kant
Esaminando le relazioni tra la distanza, ottenuta con il metodo delle Cefeidi, e la velocità, ottenuta dallo spostamento Doppler delle bande spettrali di decine di galassie, Hubble trovò una relazione lineare tra i due fattori in cui la costante di proporzionalità che prende oggi il suo nome
Nel 1944, Walter Baade classificò gli spettri di migliaia di stelle in base alla loro composizione percentuale di elementi pesanti, distinguendole in stelle di popolazione I e II. Confrontando l’età delle stelle osservate con il loro spettro, Baade fu in grado di ricostruire una storia della formazione dell’universo, caratterizzandone la composizione nel corso della sua evoluzione
Secondo il modello elaborato dai suoi dati sperimentali, la materia creata a seguito del Big Bang, per la maggior parte Idrogeno ed Elio, diede origine alle stelle di popolazione III (tuttora non osservate), con una bassissima percentuale di elementi pesanti. Dopo una breve vita, queste sarebbero esplose in supernovae a instabilità di coppia, spargendo nello spazio gli elementi che formarono la popolazione stellare di tipo II, con relativamente pochi metalli pesanti (0,1 %)
Infine, dagli elementi creati all’interno delle stelle di popolazione II, nacquero le stelle di popolazione I che, come il Sole, sono caratterizzate da un’alta percentuale di elementi pesanti (2-3 %)
Fritz Zwicky fu il primo ad applicare il teorema del Viriale per trovare un’incongruenza tra la velocità delle galassie nell’Ammasso della Chioma e la loro massa, circa 400 volte inferiore a quella predetta teoricamente, dalla velocità ricavata con l’effetto Doppler. Egli, dunque, ipotizzò che ci dovesse essere una grande quantità di massa non luminosa, e quindi non percepibile, a cui diede il nome di materia oscura
A seguito di questa scoperta, molti scienziati, esaminando la velocità orbitale delle stelle intorno al centro galattico, scoprirono che la maggior parte delle galassie è formata da materia oscura che le avvolge in un alone sferico (Dark Halo). Tuttavia, altre spiegazioni di tali discordanze sperimentali ricercano la soluzione del problema in una modificazione della legge di gravità per piccole accelerazioni
Tra le varie teorie proposte, nessuna delle quali complete e soddisfacenti, troviamo la Modified Newtonian Dynamics (MOND) e, sua estensione in ambito relativistico, la Tensor-Vector-Scalar gravity (TeVeS)
Attualmente, il campo di applicazione della spettroscopia che invoca maggiore interesse riguarda la ricerca e lo studio di pianeti extrasolari. La presenza di un pianeta orbitante intorno alla stella si può inferire tramite tecniche spettroscopiche dalla velocità radiale di una stella. Tanto minore è la massa del pianeta e quanto più è inclinata la sua orbita rispetto alla nostra linea di osservazione, più piccola sarà la velocità della stella
Per questo motivo, sono necessari strumenti molto precisi che raggiungano una sensibilità di 1 m/s. Tra gli strumenti che hanno avuto maggior successo nella scoperta di pianeti extrasolari troviamo gli spettrografi dell’ESO, HARPS (High Accuracy Radial velocity Plant Searcher) e UVES (Ultraviolet ad Visual Echelle Spectrograph), entrambi spettrografi ad alta risoluzione di tipo Echelle. Inoltre, possiamo ottenere informazioni sulla composizione chimica esaminando la luce riflessa dal pianeta, contenente bande di assorbimento dovute a minerali presenti nelle rocce sulla superficie e a molecole nell’atmosfera. In questo modo sono già stati scoperti metalli alcalini, vapore acqueo, monossido di carbonio, biossido di carbonio e metano
Con l’avvento di telescopi di nuova generazione sempre più potenti, come l’Extremely large Telescope (E-ELT), il Thirty Meter Telescope (TMT), sarà inoltre possibile determinare la presenza di molecole e composti fondamentali per la vita e associabili anche ad attività industriali, provando la presenza di vita intelligente
Conclusione
Nel presente saggio, si è voluto mettere in luce come i traguardi raggiunti nel campo della spettroscopia siano una diretta conseguenza dell’intensa collaborazione tra esperti nei diversi campi della conoscenza umana
Si è cercato di dipanare l’immensa matassa di scoperte scientifiche, per trovare il filo conduttore in grado di legare gli studi, le ricerche e le scoperte degli scienziati che hanno portato, quasi magicamente, alla perfezione raggiunta oggi in tale campo
L’astronomia continua ad avere profonde ripercussioni sul nostro pensiero, rappresentando per l’uomo quello sforzo infinito verso la libertà, intesa come autocoscienza, e quella lotta inesauribile contro il limite che conduce al perfezionamento di noi stessi e del mondo in cui viviamo
Tutto ciò si staglia sull’orizzonte dell’astronomia, la quale ci pone dinanzi nuovi limiti non riscontrabili sulla Terra, permettendo uno sviluppo fecondo della nostra immaginazione e felicità