“Solo la conoscenza può arginare il fenomeno. La scuola è il luogo in cui iniziare a cambiare le cose”. Così ha detto sulla violenza di genere il Ministro per le pari opportunità, in visita al nostro istituto. Ecco l’intervista che abbiamo realizzato
di Emma Rostellato
Il giorno 29 gennaio nella Biblioteca del nostro istituto cinque studentesse della classe 3° C linguistico (Cecilia Maiani, Deniz Gulen, Sara Danese, Emma Rostellato, Daria Gierat) hanno intervistato Maria Elena Boschi, in visita al Leonardo da Vinci.
L’onorevole si è resa disponibile rispondendo ai quesiti posti dalle alunne riguardanti temi quali il femminicidio e la violenza di genere, e illustrando il suo progetto chiamato “Sblocca il coraggio”, che vede coinvolta l’avvocato Lucia Annibali. Ecco il testo integrale dell’incontro
La violenza contro le donne è un fatto antichissimo, ma sempre attuale, purtroppo: cosa c’è all’origine di questo fenomeno?
Purtroppo è difficile individuarne l’origine. Possiamo affermare che dopo secoli di silenzio dove non si è parlato di violenza contro le donne, grazie anche all’impegno di molte di loro, ora c’è una maggiore consapevolezza di questo fenomeno drammatico: hanno trovato la forza di denunciare e la comunità ha acquisito un senso di responsabilità riguardo la violenza femminile .
Anche la figura della donna è oramai più autonoma, libera da costrizioni e fiera di avere dei diritti. Purtroppo ancora c’è molto lavoro da fare ed è fondamentale puntare sull’educazione fin da quando si è giovanissimi, combattendo contro gli stereotipi che la società ha generato.
Il Presidente della Cassazione, nell’inaugurare il nuovo anno giudiziario, si è detto proccupato per i femminicidi definendolo “un fenomeno di notevole allarme sociale, che è indice della persistente situazione di vulnerabilità della donna”
È un importante messaggio di attenzione e allerta che è stato sottolineato anche dal presidente della Repubblica, richiamando ad una forte condanna contro la violenza sulle donne. Anche se preoccupanti, le statistiche ci informano che i numeri sono in calo: per questo dovremmo agire frequentemente, sapendo però che le donne sono in grado di tutelarsi e che sono consapevoli dei propri diritti. Inoltre penso che servano più uomini rispettosi di questi diritti.
È quindi fondamentale condannare anche la più apparente e piccola violenza perché i casi più gravi non accadono all’improvviso, ma sono purtroppo il frutto di una violenza perpetrata nel tempo.
La violenza contro le donne ha tratto un nuovo impulso dal progresso tecnologico: alle tradizionali forme di violenza, fisica o verbale, si è aggiunta infatti una violenza mediatica e informatica, attraverso i social e i canali di comunicazione online. Come si può fronteggiare questa perversa escalation?
Bisogna monitorare bene i social (quello che già facciamo) e denunciare l’autorità giudiziaria insieme ai grandi operatori della rete quando sono presenti numerosi estremi. Io credo che i nuovi mezzi teconologici siano una grandissima ricchezza attraverso cui mandare messaggi positivi e amplificati, però dobbiamo saperli usare correttamente perché non c’è vergogna nello scrivere cattiverie pubblicamente. Molto è nelle vostre mani poiché siete voi giovani ad utilizzare internet e tocca a voi continuare ad indignarvi verso queste persone che lo utilizzano in un modo non adeguato.
Cosa può fare il mondo della scuola per contrastare questo fenomeno?
Innanzitutto penso che sia indispensabile affermare, frenare, bloccare eventuali episodi che potrebbero accadere nelle scuole. Siamo partiti dalle scuole con una formazione attraverso la legge contro il cyberbullismo e bullismo. Più in generale, questi progetti che facciamo contro la violenza sulle donne insieme al dipartimento pari opportunità servono anche a creare dei campanelli d’allarme a cominciare proprio dalle classi, dal rapporto degli insegnanti con gli studenti: bisogna condannare i singoli episodi di cui si viene a conoscenza. Spesso vediamo queste notizie sui social o sui telegiornali ma non ci fermiamo a riflettere su quello che rappresentano avendo una visione superficiale e trasformando il femminicidio in una notizia di sottofondo.
Cosa ci può dire della sua collaborazione con Lucia Annibali, perché ha scelto proprio lei per contribuire al progetto sblocca il coraggio?
Perché Lucia Annibali è una donna coraggiosa. Ognuno di noi ha bisogno di buoni esempi anche per aiutare quelle donne che non denunciano poiché fanno fatica a trovarne il coraggio per svariate problematiche che porterebbero a molteplici cambiamenti.
Il messaggio che Lucia dà è molto positivo: ricominciare si può! Nonostante tutto si può cominciare di nuovo a vivere una vita ricca di positività e credo che questo aiuti le tante donne che non hanno la giusta forza di volontà per cambiare molto più di mille parole.
Quale idea l’ha spinta ad usare lo slogan “Sblocca il coraggio” per il suo progetto?
Viene da un’idea di Lucia Annibali che ha seguito la campagna in prima persona insieme al dipartimento pari opportunità. L’idea è proprio quella di far capire alle donne che il coraggio è dentro di loro, devono solo trovare il modo per tirarlo fuori. Spesso riescono a farlo proprio grazie all’aiuto di altre donne, facendo loro capire di non essere sole.
Credo che questo sia un compito che spetti soprattutto alle istituzioni. Esse devono far capire alle donne che, una volta trovato il coraggio di denunciare, non sono sole e abbandonate a loro stesse , ma vi sono strumenti e strutture in grado di accoglierle nell’immediato per aiutarle e sostenerle. Bisogna renderle consapevoli del fatto che queste sono battaglie difficili da vincere se non si ha la consapevolezza di non essere soli.
Essere donne oggi: è diverso da prima, è più difficile? Quali sono i consigli che può dare a delle ragazze come noi che stanno cercando la propria strada per diventare adulti liberi e responsabili?
Non so come fosse essere donna prima, ma se devo essere sincera penso che sia più facile ora grazie al lavoro che molte donne e uomini hanno fatto nel passato e che ancora oggi aiuta ad avere condizioni di partenza migliori. Resta però impegnativo ancora oggi superare alcune diffidenze o pregiudizi.
Il nostro compito dovrebbe essere, a nostra volta, quello di rendere un po’ più facile la vostra situazione di partenza e ovviamente voi lo farete per le vostre figlie e per le vostre nipoti. Non bisogna arrendersi, bisogna avere una grande consapevolezza di parità, ma anche il coraggio di non demordere e l’orgoglio di rivendicare il fatto di essere donna. Non bisogna mascherarsi da uomo per raggiungere un obiettivo ma dobbiamo rimanere sempre noi stesse anche quando cercheranno di farci sentire meno forti relegandoci al “semplice” ruolo di donna, come se fosse un elemento di debolezza, cosa che in realtà non è.
Forse qualcuno, come è capitato a me, vi chiamerà “signorina” invece di attribuirvi il giusto grado d’importanza, ma non è un problema se voi chiamate lui “giovanotto” giocando ad armi pari: è una questione di parità e rispetto senza la rivendicazione di un ruolo. Bisogna partire allo stesso livello, tutti quanti. Il consiglio che posso darvi è quello di perseverare, perché siamo più fortunate delle donne che ci hanno preceduto e con un po’ di fatica in più potremo spianare la strada rendendola più facile a chi sarà donna tra qualche anno