Una poltrona, una lampada ad illuminarlo, un tavolo, un baule, Tancredi Di Marco seduto accanto a lui ad ascoltare incantato, come fossero quelle parole una lezione di vita prima di andare a letto. Roberto Fabbriciani ad accompagnarlo col suo flauto e il pubblico a trattenere il respiro: questo è “Conversazione su Tiresia”
di Marta Venanzi
Camilleri è andato in scena l’11 giugno 2018 sul palco del Teatro Greco di Siracusa, il 5, 6, 7 e 22 novembre 2018, invece, è arrivato nelle sale cinematografiche. Quella sera, nonostante non fossi presente a Siracusa, so che ci fu un’atmosfera insolita, provocata solo da parole pronunciate piano, lentamente, ma con estrema bravura nel saperle comunicare.
Non stupitevi se ora parlo di Camilleri definendolo maestro di presenza scenica, perché la magia che ha trasmesso lì, quasi riposando e con gli occhi i quali – anche se non vedono – hanno saputo guardare oltre il copione, è stata una forza incontrastabile. Con un’ora e venticinque minuti, ha raccontato una storia colma di cultura e di passione: quella di Tiresia e, mi permetto di dire, la sua.
Da considerare inoltre che l’argomento trattato, Tiresia, è stato contestato da 63 autori nel corso della storia, dall’antica Grecia da cui è partito il mito, fino ai nostri giorni. Ma come sensazione principale, parlerei della semplicità. Non menziono solo quella che Camilleri utilizza per tutto il corso dello spettacolo nell’immedesimarsi nel personaggio, ma anche la semplicità presente sul palco, tra coloro che assistevano.
Una rappresentazione così umile, eppure così piena di significato. Una combinazione unica di passato e contemporaneità. Questa interpretazione insegna quanto le parole siano importanti per noi uomini, tanto da riempire un teatro intero. In conclusione, semmai qualcuno mi chiederà “Perché vederlo?”, ecco cosa dirò. Un vero capolavoro, realizzato all’età di novantatré anni, e che sono certa rimarrà nel tempo.
Questo è un link dove potrete vedere il trailer dello spettacolo