700mila le vittime di questo, apparentemente banale, insetto. Uccide più persone dell’uomo, il quale arriva a fare 475mila morti. Ora si studia un modo per annientare le specie più dannose
di Luca Sfrecola
Ebbene sì. La tanta odiata e disprezzata zanzara è ufficialmente e decisamente l’animale che miete più vittime di tutti, superando persino l’uomo e temibili predatori come lo squalo e il coccodrillo
Questo insetto, apparentemente innocuo, che ci fa tanto penare durante la stagione estiva, è tutt’altro che inoffensivo. Nell’immaginario collettivo la zanzara è per lo più associata ad un animale che si limita a succhiarci via il sangue attraverso un apposito apparato boccale, lasciandoci una pruriginosa protuberanza epidermica, la quale ci provoca fastidio e dolori locali. Ma non è finita qui. Infatti, la zanzara si suddivide in varie specie – alcune più pericolose, altre meno – che veicolano virus, batteri e protozoi, molti dei quali tra i più letali del pianeta. Tra questi, troviamo il Plasmodio della malaria, trasmesso dalla famigerata zanzara anofele. Ma anche la febbre del Nilo, la dengue, la zika e la febbre gialla
Tali infenzioni vengono immesse nel corpo umano una volta che il parassita viene diffuso attraverso la puntura dell’animale, il quale suole depositarsi su carcasse di animali morti e deiezioni per nutrirsi. Non è raro, difatti, trovare zanzare che spesso banchettano su roditori morti e carcame vario, potenziali sorgenti della maggior parte degli agenti infettivi diffusi dalle zanzare.
Nonostante ciò, un gruppo di scienziati sta portando avanti degli esperimenti al fine di far estinguere almeno quelle che sono le specie più dannose. Ci troviamo nel Polo d’Innovazione di Genomica a Terni, Umbria. Nei laboratori al piano interrato di tale edificio, dislocato fuori dal centro della città umbra, quotidianamente si studia questo tanto curioso quanto pericoloso parassita. La luce viene calibrata per simulare quella del crepuscolo, momento in cui le zanzare, solitamente in natura, escono in massa per una durata di 12-14 ore circa, entrano in piena attività e si nutrono. In gabbie rivestite da rete fitta si simula una prova empirica che, tra non molti anni, potrebbe avvenire nell’ambiente dell’Africa sub-sahariana: l’incontro tra la popolazione di insetti indigeni, quindi autoctoni, e quella di zanzare geneticamente modificate in modo da produrre figli sterili. Infatti, accoppiandosi e diffondendo il gene, con il susseguirsi delle generazioni, non nasceranno più nuovi individui. Un risultato a cui scienziati da ogni parte del mondo aspirano da tempo
A crederci con convinzione e fermezza è proprio un italiano: Andrea Crisanti, a capo di un gruppo tra i più finanziati dalla “Bill and Melinda Gates Foundation” nella sua lotta alla malaria. Lo scorso 14 febbraio è iniziata una nuova fase della sperimentazione, volta ad osservare da vicino i comportamenti di questi insetti, mettendoli, inoltre, in condizioni analoghe a quelle del loro habitat naturale, l’Africa. Nelle gabbie dei laboratori del P.I.G. la temperatura e l’umidità sono tali da far sì che le zanzare possano prosperare e seguire il loro ciclo vitale. Molti, giustamente, direbbero “e di cosa si nutrono?”. Beh, intanto va detto che sono solo gli individui femmina a nutrirsi di sangue, liquido riscaldato, prelevato rigorosamente dai bovini, che viene succhiato dai suddetti al fine di deporre le uova. Facendo così, si entra nel vivo dell’esperimento perché le zanzare vanno e vengono in cerca di accoppiamenti.
Crisanti, in aggiunta, tiene a precisare che si potrebbe realmente arrivare ad un mondo senza zanzare che trasmettono la malaria. Poi, aggiunge: “Su quasi 4000 specie, la maggior parte è innocua. A veicolare la malaria sono una cinquantina, e solo 4 vivono in Africa”. Anopheles gambiae, la specie che prospera nelle gabbie sperimentali di Terni, è il nemico per eccellenza. Diffusa in tutto il continente sub-sahariano, è particolarmente ghiotta di sangue umano, oltre ad essere famosa come portatrice del plasmodio della malaria, che causa 400 mila morti l’anno
Crisanti, professore di parassitologia molecolare all’Imperial College di Londra, lavora da anni riguardo la modificazione di un gene di Anopheles, in modo da rendere le femmine, le quali pungono e succhiano il sangue, completamente sterili. Accoppiando tale mutazione ad un meccanismo genetico (in inglese ‘gene drive’), il cui ruolo è aiutare gli individui sterili a diffondersi tra la popolazione autoctona, si spera nell’auto-estinzione della specie succitata
Difficile pronosticare quando avverrà un tale passo in avanti. Certo è che, se si realizzerà, nei Paesi dove la malaria è endemica, sorgeranno delle vere e proprie ‘fabbriche di zanzare’, le quali produrranno insetti geneticamente modificati da rilasciare nell’ambiente, una sorta di versione su più ampia scala dell’allevamento odierno di Terni, quindi
Nel frattempo, in Burkina Faso, a breve, dovrebbe partire una prima verifica sul campo, combattuta però da alcuni gruppi ambientalisti, i quali temono la débâcle di tale progetto pilota, con conseguenze gravi sull’uomo e sull’ambiente stesso. In tal caso, però, non verranno liberate zanzare soggette a mutazione genetica ma solamente individui maschi sterili senza aver subìto alcuna ingegneria dei geni
Sempre Crisanti, in merito a tale esperimento, chiosa: “Si tratta di una sorta di esercitazione, e ci sono voluti 4 anni per arrivarci”, dichiarando poi come abbia ripresentato all’attuale governo gialloverde italiano, dopo aver tentato con il precedente, la richiesta di autorizzazione in Italia di una sperimentazione analoga per Aedes albopictus, la “zanzara tigre” arrivata nel Belpaese negli anni ’90 e ormai diffusa in tutte le regioni
Ma, ovviamente, sterminare una specie non è così semplice. A spiegarlo in modo esaustivo ed eloquente è Flaminia Catteruccio, della Harvard University of Massachusetts, la quale afferma: “Ogni tentativo di eliminare le zanzare in qualche modo potrebbe ritorcersi contro l’uomo. Vivono sulla Terra da molto prima di noi, e sono ancora in grande forma”. Alcune prove svolte in passato, come liberare nell’ambiente milioni di maschi, resi sterili da basse dosi di raggi gamma, hanno dato scarsi risultati, comportando una perdita considerevole di appeal negli individui di sesso maschile verso le femmine, ed escludendoli così dall’accoppiamento. Ciò, neanche a dirlo, ha pregiudicato seriamente l’intera riuscita della faccenda
Tuttavia, gli scienziati tengono nel mirino le zanzare anche contro malattie diverse dalla malaria. La compagnia britannica Oxitec, specializzata in biotecnologie, si sta cimentando con la specie Aedes aegypti, vettore di diffusione della dengue, della febbre gialla e del virus zika: in questo caso le larve maschili, dotate di una mutazione mortale per l’insetto, vengono allevate ‘proteggendole’ con un antibiotico che vanifica l’effetto del gene. La loro prole, invece, non coperta dall’antibiotico, muore prima di riprodursi, diminuendo di fatto il numero di zanzare in circolazione. I test condotti in Brasile e a Panama sembra che funzionino, ma per periodi circoscritti nel tempo. Perfino Google, attraverso Verily (organizzazione di ricerca rivolta allo studio delle cosiddette ‘life sciences’) sta provando a diffondere zanzare infettate col batterio Wolbachia, il quale impedisce alle uova di svilupparsi e generare nuovi individui.
Nonostante ciò, l’idea che l’uomo possa sostituirsi all’evoluzione naturale, a scapito di determinate specie, non piace a tutti. La tecnologia ‘gene drive’, in particolar modo, è molto potente. “Una volta che le zanzare modificate sono state introdotte nell’ambiente, se qualcosa andasse storto non ci sarebbe modo di disinnescare il sistema”. A parlare è Alessandra della Torre, della Sapienza di Roma, la quale si occupa di genetica ed ecologia delle zanzare malariche da tempo e che continua: “Nel caso di Anopheles gambiae il rischio per la catena alimentare è però limitato, perché costituisce una parte minima della dieta dei suoi predatori”
Detto ciò, è palese che il dibattito scientifico sul tema è ancora molto sentito e, per certi versi, anche caratterizzato da un clima abbastanza acceso e convulso. Ora, tocca solo aspettare il varo ufficiale di tali esperimenti per poi procedere con il loro impiego su scala globale, con l’intento di salvare vite umane e di migliorare la qualità della vita delle persone, specialmente in parti della Terra dove l’igiene è precaria ed i servizi sanitari sono carenti
E voi? Siete pronti a vivere in un mondo dove non ci sarà più il pericolo di contrarre un’infezione veicolata da una zanzara come la dengue o la malaria? Dove, perché no, la malaria ed altre malattie infettive saranno ridotte ai minimi termini e l’aspettativa di vita crescerà? Crediamo nel progresso!… D’altronde, come diceva Nikola Tesla, “lo sviluppo progressivo dell’uomo è vitalmente dipendente dall’invenzione”