È vuoto.
Osservo il telefono, la TV, il tablet e il pc e vedo scenari simili ai nostri: un’immagine, una scena, un suono impercettibile che diventa udibile solo se ci si immedesima nei personaggi. Un battito di tosse e poi uno starnuto. Sangue e morte. Una ricerca per la cura disperata. Una pandemia.
È vuoto.
Esco di casa e guardo le strade del mio viale. Un tempo c’erano ragazzi con la bici, uomini con i cani, donne con i passeggini e persone al parchetto. I miei vicini stavano sempre fuori a potare, a giocare con gli animaletti e ad osservare la vita che il mondo ci offre.
È vuota.
I miei occhi di tanto in tanto si soffermano sulle piazze: poche persone ci passano oramai e queste hanno già quella voglia di tornare a casa per paura. La piazza, le strade sono vuote.
È vuoto.
Il bar dov’ero solito andare ora non stracolmo più di persone: tutte hanno paura. Sono dentro casa. E il titolare osserva i bicchieri con sguardo perso ed è tentato di rubare del cibo per sé e la sua famiglia.
È vuoto.
Il cinema dove andavo con i miei amici, dove doveva essere trasmesso quel bel film che amavo, ora è chiuso: stare a contatto con le persone ora come ora fa male. È meglio stare alla larga nella propria bolla.
È vuota.
La scuola dove andavo è tornata senza vita come all’inizio: una vita solitaria, sola e paurosa di non conoscere nessuno. Conteneva più di 1000 persone. Vederla così vuota, senza studenti e professori, fa male.
È vuota.
Per la città intera si è fermato il tempo: la paura di essere infetti e di non poter vivere. La paura di lottare. La paura di difendere chi si ama. La paura che affligge tutti nel momento del bisogno: la stessa paura che in passato provavano i genitori, i nonni e così via. Ora, quella paura, è tornata anche per noi.
Sono vuoto.
La paura mi sta lacerando il cuore.
Il vuoto è solo uno spazio colmo di tristezza e di negatività.
Sono vuoto per l’umanità, per chi sta soffrendo e per chi soffrirà.
Sono vuoto per me stesso, per chi amo e per chi odio.
Semplicemente, il mondo sta diventando vuoto.