La scuola di Liliana Verlich è un punto di ritrovo per i ragazzi e uno dei pochi luoghi a Fiumicino di contemplazione e insegnamento dell’arte pratica
di Elena Ranocchia
Con Liliana ci siamo ritrovate dopo tanto tempo in un tiepido venerdì di ottobre, lei mi ha accolta nella sua casa e da lì abbiamo cominciato a parlare. Sin dalla mia infanzia ho sempre ricordato la sua figura: una voce pacata e gentile pronta a seguirmi nella realizzazione delle mie piccole creazioni.
La casa di Liliana è ricca di storie da raccontare: sculture, quadri, viaggi e persone sono le fondamenta che hanno trasformato un vecchia stalla nella campagna di Maccarese in un vero e proprio patrimonio artistico. Liliana ha sempre coltivato la passione per l’arte svolgendo contemporaneamente il ruolo di maestra d’asilo e frequentando l’Accademia delle Belle Arti, dove ha avuto la fortuna di seguire le lezioni del noto maestro dell’astrattismo italiano Giulio Turcato, da cui ha appreso un’importante teoria artistica.
A Roma le sue conoscenze si sono ampliate nella Scuola di Arti Ornamentali, con finalità molto pratiche. Ma l’idea che avrebbe dato vita alla sua scuola con corsi di ceramica e pittura (chiusa adesso a causa delle restrizioni Covid-19) è nata nel centro di Milano Don Gnocchi: le difficoltà dei bambini disabili l’hanno spinta a creare un centro in cui ognuno di essi potesse comunicare attraverso il linguaggio dell’arte.
Dapprima nei locali della parrocchia di Maccarese, la scuola si è ben presto trasferita dentro uno spazio della sua nuova abitazione, nella quale la maestra si era trasferita insieme a suo marito Maurizio, ingegnere che l’avrebbe aiutata nelle parti architettoniche, riportando alla luce un vecchio fienile abbandonato e ornandolo con le più originali decorazioni.
Mentre ascolto le sue parole osservo al centro del salotto il camino realizzato a mano, illuminato dal rosone colorato con la firma di Verlich. Attorno le pareti numerosissimi dipinti su tela e su seta sono circondati da altrettante lampade e statue, queste poste maggiormente sulle scale che portano al soppalco in legno, da cui si può intravedere il resto della casa.
Davanti al tavolo in vetro sorretto da volti intagliati su legno, sopra il divano splende un sole unito alla luna con i suoi raggi, una delle opere che sono state destinate all’esposizione. Ma l’opera che salta all’occhio si trova davanti al tavolo: un rilievo raffigura l’amore passionale, i volti di una decina di donne sono un ricordo leggero e un prezioso regalo di Liliana per un suo amico.
Quando usciamo in giardino lo stupore è il medesimo, se non maggiore. Liliana si avvicina di fronte alla prima scultura bianca, allungata, il cemento soffiato è il materiale principalmente utilizzato per gli ornamenti del giardino.
“Questi siamo io e Mauro”, l’amore coniugale è rappresentato da due esseri umani le cui mani si intrecciano in segno di unione. Andando avanti due figure distese verticalmente accorpate tra loro ricordano le immagini dantesche di Paolo e Francesca, rappresentano l’amore giovanile e passionale. Segue poi nel vialetto la figurazione della maternità, una donna rivolge lo sguardo al grembo ed è incorniciata dalla forma ovale della nascita, l’altra porta tra le braccia un bambino e il vuoto della sua pancia è compensato dalla pienezza della gioia.
Attorno al gazebo del giardino fiorito, le personificazioni delle quattro stagioni creano un’atmosfera idillica. Tra le altre statue (tra gesso, cemento soffiato e ceramica) vi è una grande fontana con dei delfini, ma l’opera più significativa è una casa (“l’ho realizzata al termine dei miei viaggi, dopo aver visto le condizioni di certi bambini dietro a delle sbarre”) dalle cui finestrelle si affacciano dei bambini di diversa nazionalità nati dalle idee di pace e uguaglianza che l’artista si auspica di comunicare e diffondere a partire dalla sua piccola scuola