Lo spreco alimentare costituisce da sempre uno dei problemi più importanti a livello internazionale. In questo articolo andremo ad analizzare cause, conseguenze e soluzioni pratiche, con un particolare occhio di riguardo nei confronti del nostro paese
di Daria Efficace
Dal rapporto annuale delle Nazioni Unite emergono dati alquanto preoccupanti: solo nel 2019 sono state sprecate circa 931 milioni di tonnellate di alimenti, equivalenti al 17% del cibo disponibile a livello globale. Naturalmente, la maggior parte di questi rifiuti proviene dai paesi ricchi dove famiglie (da cui proviene la maggior parte del cibo scartato, l’11%), servizi ed esercizi commerciali costituiscono una grande fonte di spreco, come viene sottolineato nel Food Waste Index Report 2021 stipulato dalle Nazioni Unite e dall’organizzazione internazionale WRAP.
Per avere una prospettiva più chiara ed ampia del problema, nel mondo vengono annualmente cestinati circa 121 chilogrammi di cibo a testa, di cui 74 kg derivanti esclusivamente dal nucleo familiare. Ma la cosa più grave è che queste cifre vengono estrapolate dalle informazioni ricavate solamente da alcuni paesi del globo. Quindi, se venissero coinvolte tutte le nazioni, povere e ricche, potremmo vedere questi numeri aumentare ulteriormente.
Da queste percentuali si può facilmente dedurre la gravità di uno dei problemi più discussi e diffusi al giorno d’oggi su scala mondiale, problema che l’Agenda 2030 messa a punto dall’ONU si prefigge di dirimere e controllare.
Lo spreco di cibo e la fame nel mondo generata da questo spiacevole fenomeno fanno riflettere su quanto ci sia poca informazione e scarsa sensibilizzazione riguardo all’argomento, soprattutto nei paesi sviluppati.
Ma cosa possiamo fare per iniziare a cambiare realmente le cose? L’ONU sostiene che le persone debbano essere guidate ed educate per diminuire lo spreco di cibo, il quale rende ancor più precaria le condizioni di 690 milioni di persone colpite dalla fame (dati del 2019) che a causa dell’emergenza pandemica potrebbero lievitare, fino a contare circa 3 miliardi di individui impossibilitati a seguire una dieta corretta e sana.
Non si tratta, però, solamente di malnutrizione. La riduzione dello spreco di alimenti potrebbe veramente migliorare e arginare anche i dannosi cambiamenti climatici, comportando un netto calo di emissioni di gas serra, un rallentamento della conversione dei terreni ed una maggior disponibilità di cibo e quindi combattere il terribile spettro della fame.
Inutile sottolineare che si tratta di un’impresa grandiosa e difficile da realizzare. Tuttavia, ognuno di noi nel suo piccolo può iniziare ad impegnarsi per la causa comprando solamente ciò di cui abbiamo bisogno – senza procurarsi enormi scorte che poi restano in frigo senza essere mai consumate – oppure cucinando la porzione di cibo che siamo intenzionati a mangiare a pasto.
Il CEO di WRAP, Marcus Gover, afferma che “sarà pressoché impossibile raggiungere l’obiettivo prestabilito entro i tempi stabiliti dall’Agenda 2030 se non si inizierà a investire realmente in iniziative e progetti volti ad eliminare lo spreco a livello globale”. Per portare a termine questa importante missione, Gover aggiunge che, insieme ad organizzazioni internazionali e varie associazioni filantropiche, ogni governo acquisirà un ruolo fondamentale, includendo la lotta allo spreco di cibo e alla fame come punto nel Recovery Plan del periodo post-Covid.
Ma vediamo come si comporta l’Italia di fronte a questo disagio. Dai dati relativi al 2020, si evidenzia che solamente 2 milioni di tonnellate di cibo sono state gettate segnando un trend decrescente. Infatti, sempre nello stesso anno sono state risparmiate circa 223 mila tonnellate di prezioso nutrimento, con una riduzione dello spreco di alimenti pari all’11,6% rispetto al 2019, con un risparmio nazionale di 376 milioni.
Fortunatamente possiamo constatare che l’Italia è uno dei paesi più sensibili allo sviluppo sostenibile, dove l’attenzione alla prevenzione degli sprechi alimentari e all’impatto ambientale che ne può scaturire è alta, in quanto un cittadino su due dichiara di prendere a cuore il tema e l’85% sarebbe d’accordo con l’iniziativa di rendere obbligatorie le donazioni di cibo eccedente alla vendita da parte di associazioni volte a sostenere le persone più bisognose, come la Caritas o la fondazione del Banco Alimentare, offrendo loro un pasto caldo ed un posto dove dormire.
Purtroppo, con l’avvento della pandemia da Covid-19, un milione di famiglie si sono ritrovate nella fascia di povertà assoluta e di conseguenza le richieste di aiuto indirizzate a questi enti caritatevoli sono aumentate del 40% e le persone richiedenti sono passate da 1,5 a 2,2 milioni.
In conclusione, la catena di prodotti alimentari italiana Eataly ha favorito la creazione del progetto “Too Good To Go”. Si tratta di un’applicazione disponibile in App Store e Google Play messa a punto per offrire ai clienti tutti i prodotti non venduti in esposizione o verso la scadenza grazie al servizio di ordine online. Se una pietanza è brutta da vedere, non significa che questa sia disgustosa da mangiare!