Anche se si intravedono delle prime aperture, la parità di sessi nella società medio-orientale è quasi completamente assente. La donna è subordinata all’uomo e considerata inferiore, e tutto ciò è giustificato dalla legge
di Flavia Castiglionesi e Giulia Rosso
Una fra le numerose leggi orientali a sfavore della donna è la “Hudood ordinance”, la quale prevede lapidazione, carcerazione e torture come punizione per un adulterio commesso da una donna. Il concetto di adulterio ha un’accezione diversa da quella occidentale, in quanto anche lo stupro è considerato come tale
Vi è inoltre la “Sawana”, legge per cui è possibile sfruttare i membri femminili della famiglia per pareggiare un conto. In molti paesi orientali sono più presenti diritti mancati che diritti effettivi per l’universo femminile. Una donna non può guidare un’autovettura (anche se in Arabia Saudita lo hanno recentemente concesso), pena dieci frustate, non può viaggiare da sola o senza un’espressa autorizzazione firmata da un tutore maschio, non ha il diritto di praticare un’attività sportiva, anche a scuola e nelle università, le lezioni di ginnastica sono destinate solo ai ragazzi
Sono rare per la donna anche le possibilità di lavorare, soprattutto senza sottostare al controllo di un “guardiano” uomo (in Aurabia Saudita sono circa 1,7 milioni le donne disoccupate)
Fino al 2011 le donne non potevano neanche votare, anno in cui è stata proposta una legge che permette loro di candidarsi e di votare. Inoltre nell’ambito lavorativo le donne devono essere separate dagli uomini: si è proposto addirittura di erigere dei muri che separino lavoratori di sesso opposto
Ma perché esiste una cultura così arretrata nel ventunesimo secolo? Perché la condizione della donna non è cambiata di molto da diversi secoli fa a questa parte?
Certamente una delle costrizioni orientali più sofferte dalle donne è il sistema di controllo che, dalla nascita fino alla morte, mette le donne sotto il potere di un uomo, che può essere addirittura il figlio
Le donne saudite negli ultimi giorni hanno deciso di dire basta: hanno scelto il mezzo dei social network per iniziare una rivolta. Le frasi che esse scrivono sulle piattaforme più conosciute sono del tipo “Non posso studiare perché lui ha detto no”,”Non posso viaggiare perché lui ha detto no”, suggellate dall’hashtag #StopEnslavingSaudiWomen