Dai film alle acclamate serie TV, dalle serie animate al mondo videoludico, la controversia tra lingua originale e doppiaggio è pretesto di accesi dibattiti che coinvolgono spettatori di ogni età
di Salvatore Cartelli
Al giorno d’oggi è ordinario trovarsi a dover scegliere se godersi un prodotto nella sua lingua originale oppure optare per le esperte voci dei doppiatori nostrani. È grazie alla diffusione di molte piattaforme online o televisive, come Netflix, Now TV, Sky e molte altre piattaforme di streaming che ci viene offerta la possibilità di questa scelta
Il dubbio amletico si fonda dunque sulla volontà di apprezzare un prodotto privo di sovrascrittura della prestazione attoriale, di ogni filtro e limitazione alle infinite sfumature del principale mezzo di espressione artistica. Di contro la scelta della presunta monodimensionalità del doppiaggio è giustificata dal compromesso spesso necessario di ricorrere a sottotitoli che aiutino la comprensione della lingua originale; tuttavia questi rappresentano un’inammissibile forma di inquinamento della fotografia di un prodotto artistico, spesso anche troppo veloci per essere seguiti con attenzione, tanto da complicare la comprensione della sceneggiatura. Dice la doppiatrice italiana Domitilla D’Amico:
“A chi dice che è facile abituarsi ai sottotitoli, rispondo dicendo che una sovraimpressione può distruggere il bello, la magia dell’immaginare. Certo, è possibile che una traduzione inefficace distrugga la storia (che è anche peggio che distruggere l’immagine), ma quando si ha a che fare con film degni di tale nome, il regista e la produzione sono sempre presenti e seguono in prima persona il processo di traduzione, adattamento e doppiaggio”
A 100 ragazzi del nostro istituto di età compresa tra 14 e 19 anni è stato sottoposto un questionario. È risultato il seguente indice di gradimento:
Dai dati statistici è evidente la preferenza del doppiaggio in lingua italiana, tradizione consolidata nel nostro paese a partire dalla fine degli anni venti, con un profondo livello artistico. La scuola di doppiaggio italiana è infatti la più importante al mondo, estremamente attiva grazie all’incessante domanda di artisti che prestano la voce per la circolazione e fruizione di prodotti stranieri
In media il secondo compromesso più popolare è quello del sottotitolo in lingua italiana accompagnato dalla recitazione originale, mentre una minoranza opta per la visione genuina ed incontaminata dell’opera o al massimo con sottotitoli in lingua, disponendo di una buona conoscenza dell’inglese
Il doppiaggio infatti rappresenta in Italia non solo una saggia scelta artistica, ma un obbligo (meno dannoso nei confronti dell’opera originale rispetto ai sottotitoli) imposto dall’impreparazione linguistica generale che caratterizza il nostro paese. Difatti secondo dati Censis solo il 7,1% della popolazione italiana possiede un livello di inglese tale da poter fruire di un prodotto in lingua originale, riuscendo ad apprezzare in ogni piccola sfumatura le battute degli attori contornate da giochi di parole e modi di dire tipici della lingua originale dell’elaborato
Chi pertanto vuole godersi al meglio un’opera, ma non rientra in questa piccola percentuale, dovrebbe accettare il compromesso del doppiaggio che – come sosteneva lo stesso Pier Paolo Pasolini – rappresenta un mezzo artistico decisamente meno invasivo del sottotitolo, che è invece inaffidabile e inquinante, e spesso rappresenta una distrazione poco fedele all’originale e riassuntiva per questioni di spazio fisico e di spazio temporale della scena
“Il doppiaggio italiano è stato veramente una scuola di pensiero, maestri in questo sono stati i nostri predecessori. Il doppiaggio è importante per tante cose, soprattutto perché ha evoluto socialmente una classe che non avrebbe potuto godere del cinema internazionale” (Stefano De Sando)