L’uomo ha sempre cercato di allungare il più possibile la sua vita, ma è andato incontro ad un’inesorabile conseguenza: i mali della vecchiaia. Su questo tema la talpa nuda potrebbe fornirci le risposte che stiamo cercando
di Tommaso Terrevoli
Uno dei grandi successi dell’evoluzione umana è la conquista di una lunga vita. Infatti da quando si è affermato l’Homo sapiens come specie fino ai tempi moderni, la vita media dell’ uomo è notevolmente aumentata.
Grazie alle comodità della nostra società e alle scoperte in ambito medico, siamo riusciti a rallentare l’invecchiamento e a far sì che le innumerevoli malattie, dovute all’anzianità, possano essere curate o quanto meno alleviate. Nonostante ciò, la nostra specie resta soggetta all’invecchiamento e all’inevitabile morte.
L’obiettivo della ricerca scientifica è quello di fornire all’umanità un invecchiamento sano. Gli scienziati riguardo a questo tema si concentrano principalmente sullo studio di quattro specie: il lievito, i nematodi, i moscerini della frutta e i topi.
Sebbene siano molto diversi tra loro, tutti questi organismi mostrano una peculiarità comune: muoiono molto in fretta. Studiandoli, è possibile capire quali siano i meccanismi che portano all’invecchiamento, facilitando la scoperta di interventi che in qualche modo possano compensare questo declino delle funzioni biologiche.
Quasi nessun organismo vivente possiede la capacità che vogliamo ottenere: una vecchiaia sana. Il processo dell’invecchiamento delle cellule nell’uomo, la senescenza, è dovuto all’accorciamento dei suoi telomeri.
Il telomero si trova all’estremità dei cromosomi e ha il compito di garantire che il DNA non si accorci durante la duplicazione. Ogni qual volta che ciò accade i telomeri si accorciano sempre di più, fino a provocare l’apoptosi (morte) nella cellula.
Si è visto che, se si cerca di integrare gli enzimi che mantengono i telomeri, e quindi si cerca di non farli accorciare, si va incontro al cancro. È come se la natura avesse posto un vincolo alla scienza nel cercare di rendere l’uomo immortale o, quanto meno, potenzialmente più vecchio.
Se vogliamo ottenere progressi significativi su questo tema dobbiamo iniziare a studiare altri organismi all’infuori di quelli standard, proposti precedentemente. Così come si è fatto ad esempio con l’incredibile capacità rigenerativa di parti del corpo e organi dell’axolotl, il cui studio ha portato significativi progressi nella determinazione dei meccanismi della rigenerazione degli arti.
Esistono diversi organismi capaci di vivere molto più a lungo di quello che ci si potrebbe aspettare. Ne è un esempio la medusa immortale, che – come suggerisce il nome – è potenzialmente immortale. Questo invertebrato, da adulto, riesce a tornare allo stadio larvale e quindi più giovane se si sente minacciato e questo è capace di farlo infinite volte. Tuttavia lo studio di quest’incredibile animale si è rilevato molto complesso e mancano le risorse e gli strumenti per poterlo mantenere in laboratorio.
Discorso a parte va fatto per la talpa nuda. Un roditore delle dimensioni di un topo che possiede entrambe le caratteristiche che la ricerca scientifica sta cercando: presenta un’eccezionale resistenza a stress e a molteplici forme di malattie, e mostra una grande resistenza al deterioramento del cuore durante il suo ciclo vitale, che dura in media 30 anni, notevole per un animale delle sue dimensioni.
Infatti non è tanto la lunghezza della vita di questo animale a sorprenderci, ma il fatto che non invecchi. Questi organismi non mostrano nessun segno di deterioramento fisico: rimangono sempre fertili, mantengono un elevata qualità ossea e non mostrano nessun tipo di declino del tasso metabolico.
Questa specie sembra essere il perfetto esempio di come l’invecchiamento possa essere evitabile nei mammiferi e quindi anche nell’uomo.
Uno studio portato avanti su questa specie mostra un’incredibile resistenza al cancro grazie alla proteina di soppressione tumorale p53 propria di questa specie. Questa proteina è anche responsabile della sua stabilità metabolica e della sua singolare longevità.
È quindi interessante notare come l’evoluzione sia riuscita nella grande impresa di eliminare l’invecchiamento. Tutto ciò è accaduto in un mammifero, evolutivamente quindi abbastanza vicino all’uomo, ma molto diverso da noi.
Dobbiamo infatti ribadire come le caratteristiche ambientali abbiano favorito lo sviluppo di questa particolarità nella talpa nuda e, sebbene l’evoluzione sia casuale, di certo è funzionale al contesto in cui un animale vive, che varia da specie a specie. Nonostante tutto ciò abbiamo molto da imparare dalla talpa nuda: un suo studio più approfondito potrebbe chiarire quali siano i processi da seguire per limitare i mali dell’invecchiamento. Se la natura ci è riuscita con un mammifero, non è detto che la medicina moderna non possa farlo per l’uomo: dobbiamo essere fiduciosi nel progresso e sarebbe saggio seguire le orme della talpa nuda.
È importante anche fare una considerazione. Forse non stiamo andando troppo oltre? Stiamo cercando di superare i limiti impostici dalla natura? Abbiamo già ottenuto una vita molto lunga rispetto agli altri primati vicini noi, grazie alla medicina moderna: sarebbe forse troppo chiedere ancora di più?
È ragionevole presupporre che finché la medicina opera per il bene della vita umana, continui a farlo. Cercare di ridurre le malattie della vecchiaia è una ricerca onorevole, non si sta certo parlando di “sconfiggere” la morte, questo sarebbe oltrepassare il limiti ma questi, per ora, sono discorsi fantascientifici: dobbiamo preoccuparci dei problemi attuali. Se esistono ricerche volte a ridurre le sofferenze umane, sarebbe saggio perseguirle